martedì 26 aprile 2016

Diario di viaggio: Myanmar 2016 - Mrauk U

Uno dei motivi per cui viaggio

Parto col dire che ho appena sentito Silvia e sta benissimo!

Al momento di scegliere la prima destinazione da solo, la scelta era abbastanza facile: un luogo che mi sarebbe probabilmente interessato e che Silvia avrebbe evitato a tutti i costi, specialmente dopo Bagan, ovvero Mrauk U (o Mrauk Oo, qui le traslitterazioni sono sempre soggettive), altro luogo impestato di templi, ma molto meno pubblicizzato.
Facendo due ricerche veloci (e con quell'internet, veloce è un modo di dire), capisco che è il caso di chiedere ad una agenzia. Il bus che mi poteva portare a circa metà strada era pieno per il giorno dopo, ancora strascichi del water festival...pensa che ti ripensa, la soluzione per non rimanere ancora un giorno in più a Bagan, è prendere l'aereo...tutt'altro che economico, ma forse la miglior scelta per rapporto denaro/tempo speso.
Così l'indomani il tizio mi passa a prendere in quella che deve essere la limousine di queste parti, ultimo saluto e cerco di pensare ad altro così inizio a fare domande a caso. 
 
 
 
 
Bagan e Mrauk U sono a circa 200 km in linea d'aria, ma la strada li trasforma in quasi 500, e gli stranieri non possono raggiungere questi luoghi via terra (almeno così dice la Lonely Planet di due anni fa, ma scoprirò che non è più vero). L'unica è arrivare a Sittwe via terra o nave da Thandwe. Ad ogni modo, il giro che faccio in aereo è ancora più stupido: scalo a Inle Lake di 15 minuti per caricare altra gente e di 4 ore a Thandwe (che è l'aeroporto di Ngapali Beach), per giungere quindi a Sittwe. Ho poco da lamentarmi, l'aereo da Ngapali Beach a Sittwe, poi fa marcia indietro e va a Yangon.....
Niente da raccontare, se non che passo 4 ore a farmi aria in crisi sudatoria. 

NOTE
A Thandwe i bagagli ve li dovete andare a prendere fuori dal cancello dell'aeroporto. 
Immigrazione - A Sittwe vi chiedono dove volete alloggiare, io ho detto che volevo provare a raggiungere Mrauk U in giornata e mi han detto ok, anche se erano le 15 e il traghetto è il giorno dopo.
Sittwe-->Mrauk U - A proposito di traghetto, la Lonely Planet di 2 anni fa parla di un paio di giorni alla settimana solamente come buoni per andare a Mrauk U e altrettanti per tornare, ma pare che invece il traghetto ci sia in entrambi i sensi ogni giorno...i tempi (ed i prezzi) cambiano.

Ovviamente appena esco mi si accolla un tassista che vuole 7mila kyat per andare in città, gli dico che vado a piedi e chiedo a due occidentali se vogliono dividere il taxi. Una credo sia tipo di Emergency e l'altra vive a Yangon e si sono appena incontrate. La prima è quella che ha l'autista ad attenderla e ci porta gratuitamente davanti ad una guesthouse "economica". Parlano solo loro due cagandomi poco, ma capisco che dialogano da gente che vive e lavora lì, non da turistelli.
Arrivati, ringrazio e cerco di capire dove sono, mentre l'altra va dentro a chiedere e scopre che vogliono 20 dollari. Io comunque volevo prima raggiungere le mie due scelte economiche secondo Lonely Planet, e mentre chiedo info per il traghetto l'altra si dilegua. Cammina cammina, mi dicono che entrambe le guesthouse sono chiuse e un signore che parla inglese mi aiuta a capire che meglio dei 20 dollari non posso fare. Ma chi ci viene a Sittwe????? Tra l'altro, la guida dice che val la pena spenderci un giorno, ma vi assicuro che fa schifo.
Prendo sta stanza, che è doppia anche se è singola, e vado a vedere la città per capire se vale la pena fermarsi una volta di ritorno. A piedi fino al molo, non c'è nulla, se non occhi estasiati alla mia vista e gente che si lava in strada con l'acqua del pozzo. Quindi faccio rotta verso sud, il "view point". Passo dal mercato del riso e quello della frutta, così particolari per la guida, così anonimi per me. Voglio dire, la singolarità sta nel camminare in mezzo alla gente di qui, ma siccome non passo inosservato e mi guardano come se fossi il papa o fanno i loro soliti risolini, non è manco una bella esperienza. La strada fino al view point è lunga e quando ci arrivo....non c'è assolutamente nulla, se non la Baia del Bengala che sembra ribollire a bordo spiaggia. Torno indietro e arrivo decisamente stanco a causa della notte insonne. 

NOTE
Cheap accomodation - chiedendo ho scoperto che alla Golden guesthouse vogliono solo 15mila kyat, ma non ho visto la camera.
Mangiare a Sittwe - ho cercato un posto per cenare sulla strada principale ma non ho trovato nulla, mi hanno indicato tutti un posto di cucina cinese ma data la stanchezza ho evitato di non farmi capire. Quindi ho camminato fino ad un ristorante più a sud sul mare che ci aveva consigliato la tipa dei servizi umanitari.

A metà cena mi chiedo "Dove saranno finite quelle due?", mi giro e sono lì in una tavolata da dieci. Ho le batterie a terra, quindi mangio, pago e vado a dormire.
L'indomani sveglia alle 5:50 per prendere il traghetto delle 7. La biglietteria esibisce il cartello "10 USD oppure 13000 Kyat"...a parte il cambio pessimo, i prezzi sono il doppio o il triplo di tutte le mie fonti scritte o vocali. Se sia la barca statale o privata non lo so.
È presto, quindi faccio colazione in una baracchetta lì vicino, e non riesco a fare meglio di piselli fritti in pastella e uova fritte.
Il viaggio in traghetto da Sittwe fino a Mrauk U è forse il più interessante che abbia mai fatto. Sono sensazioni che hai, non saprei dire se è davvero così.
Parto dalla foce di un fiume che sfocia nella Baia del Bengala, dove mare e fiume si mescolano e non sai dire quando finisca uno ed inizi l'altro, anche perché la superficie coperta è così grande che fai fatica a distinguere le isolette dalla terra ferma.  
È mattino presto, ed il sole incendia il torrente dove trova sede il molo, facendolo diventare dorato. 


Anche a Bagan succedeva, deve essere il mix sole-foschia a creare questo effetto. Il biglietto per stranieri che ho comprato senza scelta mi dà diritto a sedermi sulle panchine di legno, che evitavo per non dover pagare in più, visto che la maggior parte dei locali è seduta per terra. La partenza non è niente di speciale, se non fosse appunto per i giochi di luce e fotografie non scattate di marinai bambini seduti sul bordo di navi in legno che sembrano vascelli antichi convertiti ad uso moderno.
A bordo siamo tre stranieri, almeno credo. Una signora di mezz'età che parla con un facoltoso locale tutto il tempo, ed una tipa strana che legge e rilegge i suoi appunti, si sdraia per terra e gira scalza.
Finché il fiume è molto largo, quasi mi addormento. Poi inizia a stringersi sempre più, il paesaggio cambia e ho la sensazione di fare un safari, di essere in un documentario.
Tutto è verde, contornato da colline/monti, e dal fiume principale si diramano affluenti che paiono strade alberate, con l'acqua al posto della strada e fitte palme ai bordi. Iniziano a vedersi bovini, forse bufali d'acqua, iniziano le barchette e le capanne di bambù.



Nel frattempo a bordo continuo a vedere vecchi, giovani, donne e bambini che scatarrano fuori bordo, o sputano la loro poltiglia che fa diventare i loro denti rosso sangue, una specie di eccitante locale che vediamo fin dal primo giorno a Yangon. C'è un cestino, ma non capisco come lo percepiscano da queste parti, alcuni buttano le bottiglie nel fiume e sputano nel cestino, altri fanno il contrario, altri ancora fanno finire tutto nel fiume. Quando vedi i bambini buttare spazzatura nel fiume realizzi che fanno quello che vedono e che probabilmente viene loro insegnato.
Vicini alla meta, passiamo in mezzo a villaggi che i miei mezzi e capacità non mi permettono di fermare in un'immagine, ovvero comunità che vivono in baracche di bambù, si lavano e giocano nel fiume, hanno barchette in legno davvero pesanti all'aspetto. Ti senti quasi un astronauta in volo su mondi alieni, se pensi che questa gente vive chiusa tra due fiumi rincorrendo scalza una nave che arriva e passa via, dove sei seduto tu che osservi come da dietro un vetro.
Dopo 4 ore, quando, la palude finisce di botto ed un muretto la divide dal giardino del primo resort, capisci che sei arrivato.
Neanche tempo di attraccare che uno mi si avvicina e mi offre un passaggio in tuk tuk, che rifiuto e mi da il biglietto da visita della guesthouse che volevo visitare per prima, dicendomi 10 USD o 10mila Kyat colazione inclusa. Accetto.
Dribliamo la folla e prendo posto assieme all'altra straniera normale sul tuk tuk, mentre quella strana sparisce a piedi. Dopo 30 secondi ci fermiamo per pagare i 5000 kyat di tassa archeologica.
Alla guesthouse mi fanno la scenetta che le stanze singole sono tutte occupate e quindi oggi doppia da 15mila e domani cambio camera...vabbè.
Dopo la doccia vado a mangiare, anche per memorizzare due riferimenti e capire le distanze, cosa che vi consiglio di fare perché la sera ho fatto lo stesso tragitto al buio munito di torcia, qui la corrente salta spesso.
C'è un'umidità pazzesca e grondo di sudore a star fermo...Bagan era proprio il mio posto.
Questo è veramente un villaggio di capanne di bambù e terra battuta, ma, anche se pensavo che Maps.me si fosse sbagliato, si, c'è anche qui un ATM che accetta Visa, MasterCard, Maestro e via dicendo.
Decido di fare un giretto tanto per sfruttare il pomeriggio, e finisco a vedere i templi nella zona nord. Sinceramente non sono granché, sembrano fortificazioni da fuori e catacombe dentro. 










Quando trovo un monaco in meditazione mi avvicino per scrutarlo e...fa un gesto improvviso convulso come posseduto, e me ne vado via. Incontro un altro monaco, che, da bravo buddista asceta, tira fuori lo smartphone e mi fa una foto, cosa che ripete per le statue di Buddha dopo essersi inginocchiato. Non riusciamo a comunicare e quindi, anche se cerca di stare al mio (lento) passo, lo scarico.
Ad un certo punto salgo su una collinetta (che poi sembrano pile si sfasciume, non le colline cui siamo abituati noi) per avere una vista dall'alto e dopo tre minuti comprare un tizio: si chiama Maung Pru Thaung, e si offre di portarmi in giro, ribadendo che non vuole soldi. 


È molto allegro e parla un po' di inglese, ma talmente scarso e storpiato che non ci capiamo. Mi racconta di scontri armati tra i Bamar e i Rakhaing, la sua gente, ma non capisco il perché, oltre a scontri armati tra i musulmani e la sua gente, che è dovuta scappare. Gli chiedo perché, tra i templi di questa che era una volta la capitale dello stato Rakhine, non ci siano strade di collegamento, ma solo sentieri, ma non capisce, e via dicendo. Alcuni templi sulle "colline" si raggiungo solo per sentieri appena visibili che sembrano quelli tracciati dalle capre. La solita decadenza che un po' mi intristisce, come a Bagan, come ad Angkor, quando vedi i lustri del passato e la realtà moderna. Mrauk U sembra come i dipinti del Colosseo nel Medioevo, quando la gente non sapeva di cosa si trattasse e lo usava come accampamento, discarica, pezzi di ricambio. Tutto lasciato a se stesso, più o meno.
Ma il mio Cicerone, che mi dice di avere molti amici in giro per il mondo incontrati come ha fatto con me, è un'ottima guida e mi offre anche una bevanda dolcissima in un chiosco. Mi spiega cosa sono le Byala, animali mitologici formati da parti del corpo di vari animali, che sono a protezione delle stupa.
Mi offre di andare a vedere le donne con gli orecchini enormi e cerco invano di fargli capire che voglio evitare l'effetto-zoo, ma alla fine lo lascio fare. Mi dice che dovrò lasciare solo qualche spicciolo per il disturbo. Passiamo in mezzo a dei paesi di terra battuta e bambù, ovvero villaggi, ma ci sono strade, steccati, case, paratie come un paese moderno, solo tutto in bambù. Gli sono grato per questo e anche qui sembra di essere al museo, riesco a vedere tutto benissimo e nitidamente, e la gente abita e vive proprio lì. Strana sensazione.
La prima donna con gli orecchini è una vecchia con i lobi deformati e cadenti a causa degli orecchini-dilatatore in metallo, Maung Pru Thaung mi invita a fare foto da vicino, ma non voglio esagerare e non mi sembra manco sta bella visione. Camminiamo ancora e visitiamo la seconda vecchina, che mi fa una pena incredibile: è sorda e cieca e mentre si trascina fuori per farsi mettere in posa, rimane quasi mezza nuda, non che nessuno si scandalizzi.




 
Scatto la foto quasi per farli contenti, mentre mi chiedo che cazzo sto facendo, e lascio dei soldi quasi sperando che li possano aiutare, mentre mi ricordo le critiche che ho sempre fatto contro chi, ad esempio in Thailandia, va con i tour organizzati a vedere le donne col collo lungo.
Qui le generazioni successive non hanno orecchini, quindi è un mercato che non nascerà, e ho provato a capire se ho fatto bene o male per il resto della giornata, ma non ci sono riuscito. Decenni fa le donne dal collo lungo avranno iniziato così, prima di farne un business.
Quindi torniamo indietro e, ad un certo punto mi saluta e mi indica la strada per la guesthouse. 
Il giorno seguente ho cercato di capire come continuare il mio viaggio. Sono dovuto andare fino al molo per essere sicuro che il prezzo fosse lo stesso dell'andata, visto che alla guesthouse mi volevano solo vendere la fast boat a 20 dollari. 

NOTA
Internet a Mrauk U: Ho poi verificato che Mrauk U Princess è l'unico hotel che ha internet, mi han detto per 2 dollari l'ora e non 4 come dice la lonely planet ma, come sperimentato, con il brutto tempo non c'è segnale

...quindi in bici fino alla stazione dei bus, di cui ho sentito parlare da una alla guesthouse, per provare a trovare un modo più diretto di spostarmi verso il centro del Paese, cosa che implica più scomodità e lentezza dell'aereo, chiaramente. Capirsi con i locali non è facile ma forse, insistendo e cercando il modo più semplice di comporre una frase, ci siamo capiti.
Dopodiché, nuovamente al molo, ho cercato di trovare il tassista che mi ha portato la prima volta alla guesthouse per assicurarmi un passaggio alla stazione dei bus per l'indomani, ma non ci son riuscito. 
L'obiettivo successivo era ritrovare Maung Pru Thaung. All'inizio un po' timido, ho deciso di dare un'occhiata ai templi vicino al luogo dove abita. Nel primo ci trovo un monaco che insisteva perché entrassi. Parla inglese e provo subitissimo a fare le mie domande clou, ma non ci capiamo e finisce a mostrarmi delle foto sue con stranieri. Mi parla brevemente della sua routine tra meditazione, studio e monopasto giornaliero. Dopo poco lo saluto, mi chiede dove vado e gli dico che sto cercando Maung Pru Thaung, e mi indica la direzione. Decido di vincere il mio solito imbarazzo mostrando il bigliettino con suo nome e mi indicano la strada. Arriva prima lui di me e subito lo ringrazio per il giorno prima, annunciandogli che questo è il mio ultimo giorno qui. Mi invita in casa sua e mi mostra la sua attività familiare: un parente sta scolpendo un Buddha e altri due stanno sgrezzando delle Byala di metallo giallo. 
Mi mostra i pezzi di ferro da cui parte ed il contenitore che va nel fuoco, invitandomi poi a bere nuovamente quella bevanda dolciastra nel chiosco di una delle sue mille sorelle. Si è portato un libretto di inglese. Immediatamente mi propone di visitare i tempi nella parte est.
Devo ammettere che senza di lui non avrei visto quasi niente e i templi, che visitati da solo sembrano solo montagne di mattoni e pietre, in sua compagnia diventano lo sfondo della tela che si sta dipingendo. Le tre ore che passiamo insieme sembrano un giorno intero ed infatti ogni tanto gli chiedo l'ora, perché devo riportare la bici entro le 18. 







 
Viste le difficoltà comunicative del giorno precedente, rinuncio alle mie domande solite e mi focalizzo sull'aspetto personale, sullo scambio che sta avvenendo tra un ragazzo (cavolo...un uomo?) di Bolzaneto e un uomo che non ha mai lasciato la sua città e la sua famiglia ci vive da almeno 3 generazioni, ma probabilmente da secoli visto che Maung é un nome che si legge sui templi qui attorno. Ogni tanto mi accompagna dentro templi che avrà visto miliardi di volte e fatto visitare a innumerevoli turisti, solo per vedere se c'è qualcuno o se posso tenermi le scarpe indosso. La meccanicità del mio togliermele e rimettermele deve essergli aliena, ma è stata la mia strategia per tenere fuori la polvere onnipresente. Ad un certo punto si vuole fermare in un chiosco a bere qualcosa, e arriva una bella birra...calda. Va bene tutto. Anche qui c'è una sua sorella e la figlia mi fa sapere tramite lui che sono sto gran figo e mi regala un pacchetto con le loro foglie che colorano i denti di rosso, da masticare dopo la birra e dopo un'altra bevanda che dicono derivi dal cocco.
Tutte le precauzioni prese finora per evitare infezioni o diarree varie vengono ora esposte dinnanzi a doni di gente locale per farmi sentire un po' parte di loro...qualche secondo di tentennamento e poi ingurgito la bevanda al cocco, niente di che ma non pessima, e caccio in bocca il pacchettino formato, a detta di Maung Pru Thaung, da una foglia, una polvere di pietra ed una sorta di frutto duro come il legno, il tutto a formare quella che lui chiama la medicina della tradizione, trasformandomi immediatamente in un individuo sputacchiante io stesso. La bocca si riempie di saliva ed il gusto non è buono...quando hai sputato il più grosso rimane un retrogusto cui volendo ci si può abituare. Lui però dice che non la sputa.
Incrociamo per strada la straniera di mezz'età che era sul traghetto con me, lei in bici, e penso che lei si ha fatto il giro come si deve, quindi vi consiglio di andarvi a perdere per le strade della zona, perché i templi che ho visto con la mia guida improvvisata, mai li avrei visti, neanche girando in bici, troppe strade che paiono senza sbocco, troppi tornanti nascosti dalle collinette di sfasciume.
Camminiamo insieme sotto la pioggia accanto a donne che portano sulla testa vasi pieni d'acqua o fascine di legna per il fuoco. I bambini sono sempre gentili e carini e salutano sempre.
L'ultimo tempio cui mi porta è Koethaung Paya, devo dire davvero bellissimo, e lo avvisto per la prima volta dal tempio Pisei (o Peisi Daung Paya), una piccola ma affascinante rovina proprio di fronte. Dicevamo dell'ultimo tempio: la sua bellezza, secondo me, sta nel fatto che, date le dimensioni, è l'unico tempio in cui è possibile entrare e girare al di fuori dei quattro principali nella parte nord (Shitthaung, Andaw, Ratanbon e Htukkant Thein Paya), ed infatti proprio questo non mi attirava di Mrauk U, ovvero che la maggior parte dei templi sono ammassi di mattoni, mentre a Bagan li puoi esplorare.
Tornado indietro, mi offre di cenare a casa sua. Accetto e lo raggiungo una volta restituita la bici.
Mi fa sedere e mi chiede se voglio "farmi la doccia" con il metodo dip mandi che nel sud-est asiatico la fa da padrone. Probabilmente me lo chiede più per loro che per me (sono conscio di essere inavvicinabile), ma gli dico che farmi la doccia in albergo è più facile, anche se mi aveva offerto un longyi per coprirmi, come fanno loro.
Sebbene si definisca un "little rich man", la sua casa è come tutto il villaggio: una palafitta sulla terra battuta, ma hanno la corrente. Stacca una papaya dall'albero, la sbuccia, la taglia e me la offre immersa nella loro acqua "potabile", "natural water" la chiama lui, dicendo che gli dà forza, e sicuramente ha ragione...che fare? Decido di essere positivo e mangio. È decisamente dura per i nostri standard, ma non è acerba, e poi sapranno ben loro come e quando mangiarla, no?
Mentre la cena si cucina, mi porta a fare un giretto e mi fa vedere suo nipote che si allena nella lotta in vista della festa di metà Maggio, dove lotteranno, giocheranno ad una sorta di calcio e faranno gare con le barche a remi.


Al tavolino ci siamo solo io e lui, la moglie arriva a prendersi un po' di riso e verdure ma il solito cenone all'italiana, come ovunque fuori dall'Italia, non c'è. La cena è riso, che per loro è l'equivalente del pane da mangiare con le mani, una ciotola di patate piccole con glass noodles, una di gamberetti in sugo piccante ed una di qualche verdura verde. Eccellente, ma uso i cucchiai per non fare il mio solito macello.
Vorrei un ricordo di questi due giorni e gli chiedo se posso avere qualcosa di piccolino, ma più piccolo delle Byala di metallo non ha niente, così ne prendo una. La moglie fa sapere, senza reverenze, che mi ringrazia perché non è che abbiano tanti soldi al momento.
Così mi riaccompagna alla guesthouse, dopo un altro giro della loro "medicina", di cui mi sono perso il nome, dopo esserci fermati da un suo amico che scolpisce la pietra ed il legno e dopo esserci fermati da un altro fabbro mentre faceva fondere e colava il metallo negli stampi a forma di Buddha. Le pietre da scolpire le vanno a prendere via fiume a 45 miglia, un viaggio che richiede un giorno per andare ed uno per tornare.



Davvero non so come ringraziarlo e facciamo una foto assieme. 

Mi ha chiesto di parlare di lui, e così lo faccio: si chiama Maung Pru Thaung ( il th pronunciatelo con la lingua in mezzo ai denti) e sta nei pressi del tempio Htukkant Thein (o Dukkantein Paya), che è poi dove l'ho incontrato io. Personaggio speciale! Ci tiene a ribadire che non ha mai chiesto soldi a nessuno e che vi porterà in giro senza problemi, come ha fatto con me. Se siete anche più colti in materia di me, probabilmente vi può portare in più posti e spiegare più cose. Se siete donne o ragazze magari andateci accompagnate, perché mi pare che gli piaccia "divertirsi"...è veramente innocuo, ma lo scrivo per avere la coscienza pulita ahahah!
Se girate con lui con più abbandono di quanto abbia fatto io, probabilmente vi godrete questa esperienza ancora meglio. Sono quelle storie di fratellanza fra i popoli che vorrei aprissero i cuori e le menti, perché come ho sempre sostenuto, il mondo è di gran lunga migliore di quello che ci raccontano i telegiornali.
Ultimo pensiero, mi viene in mente mio nonno quando dice di studiare le lingue. Senza sapere l'inglese, che poi è diventato il vero Esperanto, lo scambio di cui vi ho parlato non sarebbe potuto avvenire. Non studiatelo per il curriculum, ma per comunicare! Poi deciderete voi se volete comunicare per lavoro, per viaggio o per altro, ma non posso neanche immaginare quanti di questi scambi mi sono perso, mi sto perdendo e mi perderò solo perché ogni volta non parlo la lingua locale.

Un abbraccio

Matteo

2 commenti:

  1. Ciao Matteo, vorrei chiederti un consiglio: dopo Inle e Bagan vorrei andare a mrauk-u e successivamente a ngapali, ma non capisco se invece mi convenga andare prima verso il mare da Bagan e poi dirigersi a mrauk-u. Quale percorso mi consigli? Grazie

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    Risposte
    1. Ti chiediamo davvero scusa! Non ci sonic mai arrivate le notifiche per questo commento e lo abbiamo scoperto solo adesso!
      Ad ogni modo l’itinerario scelto da Matteo era obbligato dal fatto che con il festival acquatico il Paese era totalmente in tilt e bloccato. I viaggi in bus sono stati parecchio lunghi, scomodi e rivoltanti, come gente che sputa e vomita a volontà. Il consiglio è di valutare l’opzione migliore nel periodo dell’anno in cui ci si trova nel Paese.
      Grazie per aver scritto

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